Ciliegi Rosa nasce da una domanda: cosa resta della nostra identità quando la memoria si sfalda? C’è un uomo che attende, chiuso nella plancia di una nave che forse è solo una stanza, un’illusione. Accanto a lui, figure ambigue e care — un Primo Ufficiale, un Nostromo — che si muovono tra i ricordi e l’oblio. Tutti insieme, alla ricerca di un qualcosa che nessuno sa definire: i Ciliegi Rosa. Ma cosa sono, davvero? Un luogo? Un’immagine? Una promessa fatta tempo addietro? Scrivendo questo testo ho inseguito il profumo dei ricordi che svaniscono come l’eco di un valzer danzato una sola volta nella vita. Quanta bellezza c’è nella dimenticanza ? In quella temporanea o fortuita perdita di memoria dove l’uomo gioca a restare in equilibrio come chi durante il mare in burrasca si aggrappa al corrimano per non cadere. Ho scritto Ciliegi Rosa perché volevo ancora una volta rimanere sospeso tra ciò che ricordiamo e ciò che abbiamo solo desiderato, sempre in bilico tra la veglia e il sonno. E così ho immaginato un viaggio senza mappa, una missione impossibile da portare a termine dove la nebbia avvolge tutto. Perché la nebbia è assenza, è dimenticanza, ma anche possibilità, infatti è nel non vedere che si inizia ad immaginare. E allora il Comandante cerca la sua rotta, smarrisce il tempo, si aggrappa a un canto, a un compleanno, a una candelina accesa. Intorno a lui, i ruoli vacillano, si svelano: il gioco diventa una tragedia tenerissima, in cui ogni gesto è una carezza data troppo tardi. Ciliegi Rosa è il nome segreto dell’amore che resiste alla fragilità della mente e diventa l’ultimo baluardo contro la dissoluzione, anche quando tutto sembra essere perduto. È il ricordo di una figlia, di una moglie, di una vita passata tra le mani e rimasta tra le dita. È il tentativo disperato di non affondare, di restare aggrappati al proprio cappio, di ballare ancora un’ultima volta, prima che il buio cada.
spettacolo vincitore bando drammaturgia under 35 stagione 24/25